Quattro anni, e li dimostra davvero tutti. Il cantiere del parcheggio interrato di piazza de Benedictis, a Piedimonte Matese, chiuso a poche settimane dall’inizio dei lavori, dal dicembre del 2006 è rimasto «tal quale» rispetto alla situazione di partenza. Lamiere oramai deteriorate, l’area gioco del vicino oratorio di Santa Maria Maggiore negata alla formazione e allo svago dei ragazzi e, chiaramente, ripercussioni a raffica, in negativo, sul traffico cittadino, sulla sosta delle auto, sulla stessa sicurezza pedonale. Il centro urbano «sventrato» dalle macchine scavatrici nell’autunno del 2006 è la spina nel fianco per la giunta guidata dal sindaco Vincenzo Cappello, che, di fatto, ha ereditato questo pesante fardello dalla amministrazione capeggiata da Pasquale Musto. L’altro giorno, durante una riunione dell’esecutivo, sindaco e assessori hanno deliberato la risoluzione del contratto con la ditta affidataria dei lavori, per le numerose difformità riscontrate tra il progetto esecutivo e la situazione reale. «In pratica – spiega il sindaco Cappello – alla luce dei numerosi errori progettuali è la legge ad imporre alle amministrazioni la risoluzione contrattuale». Nessun addebito, chiaramente, all’impresa che si aggiudicò l’appalto e che, al momento dello scavo, riscontrò che, in realtà, la falda acquifera del vicino torrente del Torano era posizionata proprio lungo la direttrice dei lavori, motivo per il quale se ne dispose la sospensione. «Abbiamo comunque inserito il progetto del parcheggio interrato – aggiunge il sindaco – fra le richieste inoltrate alla Regione, per il finanziamento delle opere pubbliche regionali: per portare a completamento il progetto, occorrerebbe una maggiorazione di circa ottocentomila euro rispetto allo stanziamento iniziale». Intanto, le ripercussioni sulla normale vivibilità del centro urbano e sulla fluidità del traffico cittadino sono sotto gli occhi di tutti. Senza contare che il maxi cantiere che da anni giace inerme all’ingresso del centro storico e della elegante cornice di piazza Roma, rappresenta una ferita aperta dal punto di vista paesaggistico, perché le lamiere ostruiscono l’intera visuale verso il borgo medievale di San Giovanni.
Gianfrancesco D’Andrea – Il Mattino